Gli Oracoli Sibillini
Terremoti “profetizzati” in passato: «l’avevamo detto!»
Il desiderio di profetizzare calamità future, in particolare i terremoti, che poi accadono davvero, serpeggia per tutta l’antichità. Un desiderio mai cessato, come vediamo anche oggi: dopo un terremoto sbucano come funghi le previsioni che qualcuno ha già fatto. Certo le ragioni sono molto diverse, ma in comune c’è forse la ricerca della autorevolezza. Come funzionava in passato? A che bisogno rispondeva? Retorica, minaccia, segno di qualche potere speciale?
L’esempio degli Oracoli Sibillini.
Per Oracoli Sibillini si intende la collezione di oracoli attribuiti alla antiche Sibille greche. Il termine oracolo indica un responso profetico, dato da una divinità, da un essere sovrannaturale anche non propriamente divino, dai defunti, direttamente o per intermediari.
In realtà l’opera che si identifica con questo nome raccoglie oracoli di origine composita e rientra nel genere degli apocrifi biblici, che riuniscono oracoli effettivamente provenienti da culti pagani, ai quali furono apportate aggiunte e modifiche, ma anche interpolazioni sostanziali da parte di ebrei ellenisti e poi di cristiani. Quest’opera si colloca cronologicamente in un arco di tempo molto lungo, fra la fine del IV – inizio del III secolo a.C. e il IV secolo d.C.
L’aspetto qui interessante è che, assieme ad argomenti che vanno da una rilettura della storia in chiave religiosa a profezie sulla fine di Roma, sono menzionati anche terremoti e maremoti realmente accaduti. Gli autori antichi che se sono a volte serviti li citavano a conferma della tragicità di un evento, la cui straordinarietà stava anche nel fatto che “era stato previsto”.
Per esempio Pausania, autore greco che visse nella seconda metà del II secolo d.C., menzionò nella sua opera sulla Grecia il terremoto che nel 227 a.C. aveva colpito Rodi – e che face crollare il famoso Colosso, posto a guardia del porto – e le regioni limitrofe della Caria e della Licia. Scrive Pausania:
“Il terremoto danneggiò le città della Caria e della Licia e soprattutto fu colpita l’isola di Rodi a tal punto che sembrò essersi realizzato l’oracolo della Sibilla riguardante Rodi” (Pausania 2.7.1.).
Negli Oracoli Sibillini si legge infatti: «Arriverà anche ai Rodî l’ultimo ma più grande malanno» (4.11).
In questi testi, come in un gioco di specchi, un terremoto accaduto si mutava in un evento futuro, che dava forza alla narrazione e ne sosteneva una sorta di autorevolezza sacrale per i posteri.
Anche del terremoto della Frigia del 27 a.C., che distrusse Laodicea e Tralle, negli Oracoli Sibillini si conserva il ricordo nella consueta formula “profetica”, in questo caso nei termini di una minaccia divina:
“Tralle, vicina di Efeso, con il terremoto distruggerò i ben costrutti edifici degli uomini e dei popoli irritati; la terra farà scorrere acqua bollente; e di questa si abbevererà la terra oppressa; ci sarà odore di zolfo” (3.459-62).
E ancora: “Guai a te, o incantevole Tralle, guai a te o Laodicea, bella città, che perirete distrutte dal terremoto e sarete mutate in polvere”(5.289-91).
L’evocazione di una futura tragedia poteva anche assumere i toni alti della poesia, come per il maremoto che realmente colpì Patara (vicino all’attuale Kalka, in Turchia) nel 68 d.C.:
“O bella Mira di Licia, la terra scuotendosi non resterà ferma; caduta già prona al suolo pregherai di rifugiarti come un’emigrante su un’altra terra, quando la scura acqua del mare distenderà con empi tuoni e terremoti la folla di Patara”.
(Orac. Sibyll. 4.109-123, 5.126).
Nel XII libro degli Oracoli Sibillini, databile al III d.C., si ricorda un terremoto in Frigia sempre nella formula della profezia a posteriori:
“Anche la Frigia ricca di greggi si lamenterà per i terremoti. Ahi! Laodicea, ahi! sventurata Ierapoli, voi per prime infatti giù inghiottì la terra spalancatasi”. (Orac. Sibyll. 12.279-281). In questo caso purtroppo nessuna altra fonte è in grado aggiungere informazioni a questo evento sismico, forse accompagnato da estesi franamenti: tuttavia, paradossalmente, possiamo essere certi che è accaduto proprio perché fu inserito negli Oracoli, che recepivano eventi già accaduti.
BIBLIOGRAFIA
Collins, J.J., (1987), The Development of the Sibylline Tradition, ANRW, II.20.1 pp.421-459.
Breglia Pulci Doria, Luisa,1983, Oracoli sibillini tra rituali e propaganda: studi su Flegonte di Tralles, Napoli, Liguori, xii + 405 pp.
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Oracula Sibyllina, ed. A. Kurfess, Munchen 1951; Sibylline oracles, ed trad. H.N.Bate, London, 1918.