Provvedimenti antisismici nell’antichità
Pubblichiamo un contributo di Cairoli Fulvio Giuliani, Prof. Emerito di Rilievo e analisi tecnica dei monumenti antichi presso la Fac. di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Roma Sapienza
Gli edifici hanno memoria lunga e conservano i segni del sisma e degli eventuali provvedimenti per ripararli o contrastarne gli effetti.
L’esperienza delle maestranze in questo campo ha svolto per oltre due millenni un ruolo decisivo, ma non bisogna credere che questa esperienza si sia trasformata in normativa generalizzata. E’ probabile, invece, che si restasse legati all’iniziativa di singoli progettisti e/o committenti. Era viva, comunque, la consapevolezza dell’inevitabilità del sisma: “dove la terra ha tremato, tremerà ancora” (Plinio).
L’archeologia ha sempre trascurato il rapporto tra l’edificio e la dinamica, privilegiando il tema della solidità statica (firmitas) che non sempre collima con quello di stabilità. Questa, infatti, coinvolge la dinamica e spesso fu proprio il terremoto che spinse a miglioramenti tecnici anche se discontinui.
La cura delle connessioni tra pareti ortogonali, per esempio, era già applicata normalmente nell’area romano-laziale, ma trascurata in altre zone, come a Pompei, dove fu realizzata solo dopo il terremoto del 62 .
Nelle costruzioni antiche vi sono accorgimenti, anche di grande impegno, che non sembrano rientrare propriamente nel concetto di statica, ma piuttosto, riferendosi a sollecitazioni con direzione differente dalla verticale, coinvolgono la dinamica.
Certamente ci si accorse presto che gli edifici contraffortati resistevano meglio alle scosse, e che quello era il sistema più efficace per “ridare piede” a un muro uscito fuori piombo. Vitruvio, però, non fa menzione dell’uso dei contrafforti per riparare danni da “fuori piombo”, ma tenendo per fermo che essi servono a contrastare la spinta obliqua del terreno retrostante, ammette comunque un certo lavoro a taglio. Di grande interesse è in questo campo il sistema illustrato da Erone di Alessandria per rimettere a piombo meccanicamente pareti strapiombate.
Un altro esempio si ha nell’uso di grappe e perni nelle strutture in opera quadrata (già nell’antica Grecia) ,
negli archi e piattabande in conci dove, in alternativa, si trovano anche conci sagomati a saetta la cui forma è funzionale a contrastare l’allontanamento dei piedritti e la conseguente caduta dei cunei.
Questo sistema è diffuso in una zona ad alta sismicità come l’Anatolia. L’accorgimento, permette di eliminare o ridurre al minimo l’uso di grappe e perni metallici applicato molto tempo prima in altre aree (archi e piattabande del Colosseo, piattabande severiane del Portico d’Ottavia ecc.).
Generalmente, però, le fonti letterarie non ci aiutano se non a livello aneddotico come nel caso di Antemio di Tralle che conduceva esperimenti sulla simulazione di terremoti servendosi dell’energia del vapore, probabilmente connessi alla progettazione di Santa Sofia.
Gli speroni e gli archi di sbatacchio sono comunissimi nei centri storici per contrastare i sensibili strapiombi dovuti alla ricorrente attività sismica.
I contrafforti – anche con morse di blocchi di travertino – così come gli archi di sbatacchio come rimedio dei danni da sisma, sono frequenti nell’antichità (Roma, Palazzo Sessoriano, basiliche Giulia e b. di Massenzio ecc.).
Nel caso di Minerva Medica la costruzione di massicci contrafforti fu seguita da quella di grandi strutture absidate, sorta di poderose ganasce, seguendo una via simile a quella applicata, più tardi, all’aula maggiore di Santa Sofia a Istanbul.
Un intervento particolarmente complesso si trova a Ostia nel Caseggiato degli Aurighi, dove nel cortile centrale, il portico originario fu diviso in due piani con volte a crociera e fodera su tre lati dei pilastri originari.
Connesso ai perni e alle grappe, è l’uso del piombo molto adoperato nell’antichità per la riparazione dei danni da terremoto (Delfi, Pompei). E’ probabile che il sistema di affogare l’estremità inferiore del perno in una quantità di piombo maggiore che non nell’estremità opposta abbia avuto un ruolo antisismico e che, in qualche caso, sia stato adoperato come ammortizzatore tra elementi con caratteristiche meccaniche differenti come la pietra e il metallo di durezza e fragilità differenti.
Il sistema elementare di collegare i colonnati con un muro continuo fino a una certa altezza lo troviamo, invece, comunemente usato anche nei grandi monumenti (Portico di Ottavia, Tempio di Venere Genitrice al Foro di Cesare ecc.).
Anche le catene metalliche inserite nelle volte di calcestruzzo al livello di estradosso possono rientrare nei sistemi antisismici. La posizione estradossale, infatti, è spesso giudicata “un errore” tecnico forse solo perché vista in rapporto al comportamento statico della volta.
All’uso di armature metalliche nelle ossature murali con elevate capacità di resistenza a trazione, si rifanno anche le piattabande armate.