Terremoto del 5 giugno 1688 Sannio Io XI MCS – Mw 7
Nei giorni precedenti il 5 giugno 1688 vi erano state leggere scosse. Il giorno 5, circa alle ore 16 locali, fu sentita una scossa più forte che non causò danni e mise in allarme la popolazione. Dopo circa trenta minuti, alle ore 16,30 locali, ci fu una violentissima scossa, che colpì l’area del Sannio, regione storica tra il Beneventano e l’Irpinia, nell’attuale regione Campania. L’area complessiva dei danni fu di circa 58.000 kmq. Le distruzioni furono gravissime ed estese.
MORTI Le vittime furono circa 10.000, prevalentemente donne e bambini; moltissimi uomini si salvarono perché erano nei campi per i lavori agricoli. Nella sola città di Benevento , che aveva allora 7.500 abitanti, ci furono 1.367 morti.
La scossa più forte a Benevento fu percepita in due riprese della durata complessiva di circa 13 secondi. A Napoli, che si trova a circa 50 km a sud–ovest dell’area dei massimi danni, fu percepita una scossa della durata di circa 20 secondi. Durante i giorni successivi e fino alla fine di giugno furono sentite numerose scosse, che in qualche caso aggravarono i danni in edifici già fortemente lesionati; la sequenza sismica si protrasse fino al mese di dicembre del 1688.
Il territorio colpito faceva all’epoca parte del regno di Napoli, governato dalla Spagna, con l’eccezione di Benevento e del suo territorio, che invece appartenevano allo stato della Chiesa.
Gli effetti
I massimi effetti sono localizzati in un’area pedemontana di circa 30 km di raggio a sud–est dei monti del Matese, tra le valli dei fiumi Calore e Tammaro, in gran parte compresa nell’attuale provincia di Benevento. Complessivamente 117 paesi, su un’area di 50.000 kmq, subirono estese e gravissime distruzioni; altre 50 località ebbero danni più o meno gravi, con rari colli totali.
Cerreto Sannita e due località del suo circondario, Civitella Licinio e Guardia Sanframondi, a circa 25 km a nord–ovest di Benevento, furono distrutte pressoché completamente.
A Cerreto Sannita crollarono completamente tutti gli edifici con l’eccezione di tre piccole case, che subirono comunque danni gravissimi. Morirono 2.000–3.000 dei circa 4.000 abitanti del paese (50%–75%); nelle frazioni del territorio furono circa 4.000 i morti, degli 8.000 abitanti dell’intero circondario (50%).
Le fonti ricordano inoltre i crolli del monastero delle Francescane, in cui morirono 59 delle 80 monache, del monastero dei frati Francescani, ex residenza angioina, con la morte di 10 dei 12 frati che vi risiedevano, e del convento dei frati Cappuccini, di cui rimanevano solo le officine e qualche muro della chiesa.
Il vicino paese di Civitella Licinio fu distrutto completamente; dei suoi abitanti si salvarono solo coloro che al momento della scossa si trovavano al lavoro nei campi.
A Guardia Sanframondi gli edifici crollarono pressoché totalmente; le rovine furono così estese che, secondo i testimoni dell’epoca, i resti della chiesa e del monastero di San Filippo Neri, i cui frati erano morti tutti tranne uno, erano a stento riconoscibili. Secondo una relazione ufficiale, conservata all’Archivo General di Simancas (Spagna) si riscontrò la morte di 1.100 abitanti, in gran parte donne e bambini.
A Benevento i danni furono gravissimi. Qui vi erano fra l’altro le seterie che garantivano molte entrate fiscali alla Camera pontificia e qui si concentrò poi l’attenzione del papa per la ricostruzione della città. Secondo i periti pontifici l’enormità dei danni (IX grado MCS) fu dovuta alla pessima qualità dell’edilizia urbana. La maggior parte delle case erano costruite con ciottoli di fiume e malte sabbiose. Fu osservato che gli edifici costruiti in mattone, benché colpiti, resistettero molto meglio, per cui per la ricostruzione dei nuovi edifici fu consigliato di utilizzare mattoni o pietre squadrate di tufo e di utilizzare i ciottoli delle macerie solo per ricavare la calce.
In altre 14 località del territorio posto alle pendici dei monti del Matese, crollarono pressoché tutte le case, con un elevato numero di morti. Sia l’edilizia pubblica sia quella ecclesiastica, in genere meglio costruita rispetto alle case, subirono estesi crolli totali e danni gravissimi. Le località colpite sono Alife (nell’attuale provincia di Caserta), Apice, Casalbore (nell’attuale provincia di Avellino), Casalduni, Fragneto Monforte, Fragneto l’Abate, Massa, Mirabella Eclano (nell’attuale provincia di Avellino), Pietraroja, Pontelandolfo, San Giuliano del Sannio (nell’attuale provincia di Avellino), San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore e San Lupo.
Il terremoto causò estesi danni all’edilizia abitativa, con vari crolli a quella pubblica ed ecclesiastica in altre 32 altre località e precisamente: Ailano, Alvignano, Ariano Irpino, Benevento, Bonito, Calvi, Campolattaro, Castelpagano, Ceppaloni, Ciorlano, Circello, Colle Sannita, Foglianise, Fontegreca, Guardiaregia, Morcone, Moschiano, Pago Veiano, Pescolamazza, Piedimonte, Pietrelcina, San Gregorio Matese, San Marco dei Cavoti, San Nazzaro, San Potito Sannitico, Santa Croce del Sannio, Sant’Agnese, Sant’Angelo a Cancelli, Sant’Angelo a Cupolo, Sassinoro, Telese e Vitulano.
Questi dati sono selezionati e sintetizzati dal Catalogo dei Forti Terremoti in Italia, studio del 1995, ora in Guidoboni et al. 2007 http://storing.ingv.it/cfti4med/ , ripreso da CPTI2011 – INGV http://emidius.mi.ingv.it/CPTI11