«Quante teste per il Ponte sullo Stretto»

« articolo di Erasmo De Angelis, su Greeenreport, 15 marzo 2025 »
Il catastrofico terremoto del 1908 che in 40 secondi di puro terrore aveva devastato la Sicilia orientale e la Calabria meridionale con un colpo di magnitudo stimato tra 7,1 e 7,5 gradi della Scala Richter, impone le più approfondite valutazioni scientifiche sulla sismicità nello Stretto. E le prime verifiche portano, nel 1909, al primo studio geologico e sismo-tettonico – documentato oggi nel dossier “La sorgente del terremoto del 1908 nel quadro sismo-tettonico dello Stretto di Messina”, curato da esperti sismologi come Gianluca Valensise, Roberto Basili e Pierfrancesco Burrato dell’INGV -, e alla individuazione e descrizione della “Faglia estensionale” sempre attiva dalla quale partì il colpo sismico che viene rilevata sotto il fondale marino tra Messina e Reggio ad una profondità ipo-centrale tra 10 e 15 km per una lunghezza di circa 40 km. Le accurate “ecografie” dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia oggi la indicano come una lunga fratturazione inclinata verso est tra le sue coste, con un “tuffamento” di circa 40-50 gradi in immersione sotto lo Ionio. E la sua evoluzione geologica fa collocare il più potente sisma del Mediterraneo come “caratteristico” dell’area e con “lunghi tempi di ritorno”.

Grazie al loro lavoro oggi abbiamo un quadro chiaro del rischio e della drammatica ciclicità dei terremoti italiani. I database della Protezione Civile e dell’INGV indicano che dal Medioevo ad oggi sono stati rasi al suolo oltre 4.800 centri abitati, molti dei quali più volte ricostruiti “dove erano e come erano” e cioè fragili e sulle stesse faglie più rischiose. Dall’Unità d’Italia, anno 1861, abbiamo subìto 36 grandi terremoti, uno ogni 4,5 anni con 170 terremoti minori che nei soli ultimi 30 anni hanno colpito 1.760 aree urbane, dimostrando sempre la facilità delle devastazioni.