Ferrarese: terremoto 20 maggio
Il terremoto del 20 maggio 2012 del ferrarese: Un rischio sottovalutato
di Emanuela Guidoboni
E’ accaduto da poche ore: un terremoto di magnitudo 5.9 o 6, secondo gli ultimi calcoli, alla profondità di circa 10 km, ha colpito il nord del ferrarese, un’area che aveva di sé un’immagine non sismica, espressa dalla cultura diffusa e dalla resistenza e quasi sottovalutazione, con cui i suoi amministratori hanno spesso trattato questo tema. Quando si perde la memoria di eventi distruttivi del passato, come i terremoti, quando i risultati delle ricerche non vengono diffuse, si perde anche la percezione del rischio a cui si è esposti. Questo terremoto del ferrarese è un’amara dimostrazione: la maggior parte della popolazione non era consapevole di trovarsi in un’area sismica. Un fulmine a ciel sereno.
Non basta quindi che qualcuno studi i terremoti del passato, che i risultati circolino in ambienti ristretti per formare la consapevolezza del rischio. Anzi, questi dati, passando fra culture diverse e poco comunicanti, come quella scientifica e quella storica, rischiano di essere scarsamente capiti e contestualizzati da chi poi li dovrebbe rendere noti. Ridotti a meri parametri numerici, i risultati degli studi storici non dicono molto del potenziale distruttivo che indirettamente indicano, dei costi sociali ed economici che quei numeri dovrebbero richiamare alla mente, per trovare soluzioni, per vigilare.
E’ la “memoria consapevole” che può quindi stimolare un efficace e responsabile controllo sulla qualità delle costruzioni, a partire da quelle in cui si abita, dei monumenti e delle vetuste costruzioni con cui si convive e a cui è legata la propria memoria individuale. Chiese, torri, rocche: le vogliamo conservare?
Anche terremoti di elevata magnitudo non sarebbero necessariamente dei disastri, a condizione di accadere in società preparate a sostenere questa sfida.
Se prevedere è ricordare.
Di questi paesi del ferrarese le cronache di oggi ci mostrano desolati crolli, crepe sulle case, lesioni, muri lacerati di alcune costruzioni, capannoni crollati. Ancora non abbiamo un bilancio dei danni, oltre a quello delle cinque persone decedute e dei primi video. Per questi paesi, per Sant’Agostino in particolare, ai margini del grande bosco della Panfilia – uno dei rari boschi di pianura sopravvissuti – ho girato in bicicletta da bambina, e spesso ritorno ad esplorare questa pianura ampia e bellissima, piena di storia, strappata in molti punti alle acque delle esondazioni ricorrenti nella sua storia. Una terra che solo da alcuni decenni è stata regolamentata e resa florida, dopo secoli di perdite e di tormentosi abitare. Una terra i cui abitanti hanno l’attenzione nel DNA. E i suoi abitanti sono ben capaci di risolvere i problemi che questa terra pone. Ma i caratteri sismici non si vedono, né i terremoti si valutano prima che accadano. Però la storia ci mette in condizione di conoscere i danni già indotti. Però le scienze della Terra ci possono dare altre informazioni.
Indice
Sismicità storica e strumentale della pianura padana orientale e dell’Appennino emiliano-romagnolo.
Però chi sa deve preoccuparsi di far sapere. E quindi deve essere ben chiaro che la trascuratezza sul rischio sismico e la sua sottovalutazione finisce per essere fortemente una responsabilità di chi amministra, e non ci sono deleghe e alibi.
E’ la responsabilità di chi deve informarsi e informare, e poi scegliere per altri. Se governare è prevedere, mai come nel caso dei caratteri sismici si deve aggiungere che prevedere è ricordare ciò che è già accaduto in passato. E qui, nel ferrarese, di terremoti ce ne sono stati già molti.