Terremoto 2012: Opere idrauliche
IL TERREMOTO INDUCE NUOVI RISCHI NASCOSTI
Le opere idrauliche delle bonifiche danneggiate
Il terremoto iniziato il 20 maggio 2012 non ha danneggiato solo case, strutture industriali e produttive, chiese, torri e campanili, castelli: ma ha dissestato e reso inattive le preziose opere idrauliche che da circa 50 anni proteggono queste terre dalle alluvioni e scongiurano la siccità per centinaia di migliaia di ettari coltivati. Non è infatti un paesaggio naturale quello che vediamo nell’alta Emilia, ma un paesaggio costruito dall’uomo, non molto diverso da quello delle basse terre olandesi, che tutto il mondo ammira. Qui le idrovore e i canali formano un sistema di controllo territoriale unico in Italia, quasi del tutto ignorato dall’opinione pubblica e dai mass media.
Qui le opere idrauliche garantiscono la florida abitabilità di queste terre e la loro altissima produttività agricola, gestendo 11 mila km di canali e ben 300 impianti.
Abbiamo dimenticato. Fino a non molto tempo fa, circa 60 anni, quest’area era esposta alle alluvioni, che qui erano il secolare flagello dei residenti. Le rovinose piene stagionali dei fiumi Reno, Panaro, Enza, Secchia e Po si alternavano a periodi siccitosi, favorendo, con il ristagno delle acque in ampie zone, la riproduzione della zanzara anofele. La malaria fu endemica per secoli, resa stabile dal basso livello alimentare, quando non denutrizione vera e propria, della maggior parte della popolazione. Dall’unità d’Italia iniziarono i progetti per regolamentare le acque di quest’area, ma la realizzazione fu molto lunga.
Su questo importantissimo patrimonio territoriale il terremoto ha calato una pesante ipoteca: sono quasi 70 milioni di euro i danni calcolati sulle strutture idrauliche, secondo i Consorzi della Bonifica emiliani. Quali sono i nuovi rischi? impossibilità di irrigare 113mila ettari coltivati nel periodo estivo e in autunno la mancata regolamentazione e quindi il rischio di allagamento di 200mila ettari di territorio, inclusi i paesi e i siti produttivi che in area emiliana si mescolano a quelli coltivati. Questi danni si aggiungono a quelli arrecati all’agricoltura, calcolati in 500 milioni di euro.
La più danneggiata è la Bonifica Burana dove il 90% degli impianti idrovori è distrutto, inagibile o danneggiato. E’ fermo anche l’importante impianto di Pilastresi.
L’impianto di bonifica Concordia Sud, nelle campagne di Mirandola, serve per l’irrigazione i comuni dell’epicentro di uno dei terremoti, tra Mirandola, San Possidonio e Concordia, per complessivi 2.250 ettari. Qui il terremoto ha “sbriciolato” i muri dell’impianto e compromesso le strutture di cemento armato della copertura delle pompe, che garantiscono il deflusso delle acque dai campi, o la loro immissione nei canali, per irrigare. Con una decisione d’urgenza, la struttura è stata puntellata per evitare che l’opera crolli sugli impianti.
Situazione grave anche a Moglia, dove l’impianto idrovoro delle Mondine (bonifica dell’Emilia centrale) è stato spento, reso inagibile a causa di un crollo nella torre che contiene la cabina di trasformazione.
L’impianto dovrebbe assicurare lo scolo di un territorio di 50mila ettari dal fiume Enza al Secchia a Nord della via Emilia, comprendendo i centri abitati di Correggio, Poviglio e Carpi. Nel complesso, sono sei i consorzi di bonifica colpiti dal terremoto: Burana, Emilia Centrale, Pianura di Ferrara, Renana, Canale Emiliano Romagnolo e Torre dei Gonzaga.
Inoltre sono state rilevate vaste fessurazioni e smottamenti lungo i tratti di arginature vicino alle zone più colpite. Ci sono stati franamenti in alcuni alvei, pregiudicando il regolare deflusso delle acque. In particolare, nel modenese, il locale consorzio di bonifica sta operando lungo il Canale Diversivo di Burana (a Mirandola
si registra una frana di circa 600 metri; a Massa Finalese si lavora per impedire che il crollo di un fabbricato industriale ostruisca il letto) e il canale Vallicella (a Finale Emilia c’è stata una frana lunga un centinaio di metri); analoghi effetti sono stati rilevati nel ferrarese, l’area dove maggiori sono le conseguenze sismiche sulle opere della Bonifica.
Sono ben 57 gli impianti di bonifica lesionati o distrutti. Danni anche alle porte di accesso delle rete al Po (Terme dei Gonzaga) e a Ferrara il cinquecentesco Palazzo Naselli, sede delle locale bonifica. Sono 55 i comuni a rischio idraulico, ubicati nell’area di confine fra le provincie di Modena, Reggio, Mantova, Bologna e Ferrara. In questo territorio producevano 3.500 le aziende agricole. Occorre fare in fretta e bene, occorre un grande sforzo di finalizzazione e di capacità di intervento, poco visibile ai mass media, quasi ignorato dal Paese, ma prezioso. Mentre scriviamo il Consorzio Burana ha già ripreso la fornitura irrigua in diverse aree.
Giorgio Guidoboni