Il DISASTRO DI RIGOPIANO ED EVENTI ESTREMI ATMOSFERICI COSA STA SUCCEDENDO?
Il parere del professor GIAN BATTISTA VAI, Presidente del Centro EEDIS
Il disastro di Rigopiano, che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso per giorni, dopo la grande nevicata e il proseguimento della sequenza sismica abruzzese, merita una riflessione non superficiale e fuori dalle polemiche che si sono sentite sull’emergenza.
E’ questo un problema di eventi estremi rari e imprevedibili? C’entra qualcosa il riscaldamento globale? Imparare dai disastri è un obiettivo del Centro EEDIS.
Per capire di più, abbiamo voluto conoscere il parere del professor GIAN BATTISTA VAI, geologo di fama internazionale, già Rappresentante Nazionale Italiano presso l'IUGS (International Union of Geological Sciences) e Capo Delegazione Italiana all' International Geological Congress di Pechino 1996, Rio de Janeiro 2000, Firenze 2004 e Oslo 2008; dal 2002 al 2016 direttore del Museo Geologico Cappellini-Università di Bologna e dal 2014 anche Presidente del Centro EEDIS.
Utilizziamo parti della sua intervista pubblicata su LaVerità del 26 Gennaio 2017, e curata da Francesco Agnoli.
Professore, il riscaldamento globale è un tema discusso. Eppure, trattandosi di scienza, si dovrebbe raggiungere una risposta condivisa. O no?
E’ quanto penso anch’io. Eppure mi sono ricordato che gli scienziati sono uomini che per vivere e studiare hanno bisogno di soldi e, singoli o in gruppo, si costringono o sono costretti a vendersi al miglior offerente. Le ricordo che esistono le guerre atomiche, le guerre chimiche, le guerre biologiche e oggi le guerre “pseudo-climatiche”.
Cosa ci insegnano la storia e la geologia riguardo al clima?
Che è sempre cambiato con ritmi, pulsazioni e modalità assai variabili in un sistema estremamente complesso, con transizioni anche rapide decennali, centennali e millenarie da glaciale a interglaciale (e fluttuazioni di maggior frequenza). Per esempio, anche il recente riscaldamento degli ultimi 30-40 anni appare avvenire con ritmi circa decennali di crescita e stasi (o magari diminuzione). Ma a scala temporale maggiore dovremmo ricordare che solo 500 anni fa era assai più caldo di oggi (Optimum Climatico Medievale) e che solo 150-300 anni faceva molto più freddo (Piccola Età Glaciale).
Però l’uomo fa tanti guai…
E’ difficile ammettere scientificamente che il riscaldamento in atto sia tutto e solo causato dall’uomo di oggi, se solo pochi secoli fa è già avvenuto a ritmi e velocità analoghe. Eppure la Voce del Padrone –chiamiamola così– ha già deciso cosa, e neppure il mancato avverarsi delle previsioni catastrofiche (per non parlare dei tentativi fraudolenti già smascherati), gli fa cambiare parere. Sarò più indulgente quando qualche geniale ragioniere mi farà un bilancio realistico di quale percentuale dell’incremento della temperatura media dell’aria di 0,8-0,9 C° dal 1850 sia dovuto esclusivamente e direttamente al calore immesso in atmosfera dagli impianti di riscaldamento invernale e condizionamento estivo. Misureremmo meglio la nostra responsabilità e potremmo prendere decisioni meno imposte, eviteremmo dannosi allarmismi.
Leggo dal National Geographic che “la Groenlandia é tra le regioni della Terra in cui i rapidi cambiamenti dovuti al riscaldamento globale sono più evidenti”. I ghiacci si sciolgono, come la mettiamo?
In agosto 2016 sono andato in visita alla punta nord dell’isola di Terranova nel sito di sbarco dei Vichinghi di Erich il Rosso, nel 1000 d.C., che avevano già colonizzato la costa sud della Greenland (evidentemente allora verde). Oggi sito Patrimonio dell’Umanità Unesco, ben documentato e attrezzato. Servì per 200 anni da base per la colonizzazione della Vineland fino alla provincia canadese della Nova Scotia e all’estremo nord degli USA. Poi, dopo 200 anni, tutto ritorna sotto gelo e ghiacci, come a oggi il Labrador, e la Groenlandia, ridiventa una grande icona bianca. Perché sorprendersi allora? Perché non ricordare che oggi i ghiacci dell’Artico (Groenlandia compresa) si stanno riducendo del 3,8 % in 10 anni, mentre quelli dell’Antartico, assai più estesi, si stanno espandendo e ispessendo dell’1,8% sempre in 10 anni. Le informazioni vanno date tutte, perché il sistema è molto complesso e il dogmatismo in questa materia è aberrante.
E i terremoti recenti?
Arrivo ai fatti tragici di questo disastroso passaggio 2016-2017. Le cronache di due millenni di storia sismica dell’Italia sono piene del binomio neve-terremoto, non perché fra i due processi ci sia una qualche connessione causale, ma per il semplice fatto di trovarsi a coabitare negli stessi territori per ragioni geografiche e geologiche. Ascolto tanti che a commento dell’ennesima emergenza come prima parola dicono ¨eccezionale”, mentre di eccezionale c’è solo la loro perdita di memoria oppure la conoscenza inadeguata (un tempo si chiamava crassa ignorantia). Tutta la dorsale appenninica esposta ai venti pannonici-russi e artici è per definizione il ricettacolo delle nevicate metriche al contatto con l’aria umida temperata del Mediterraneo. Metri di neve a Chieti e a Urbino, a Teramo o all’Aquila, a Campo Imperatore o in Irpinia sono la norma a ricorrenza almeno decennale anche oggi, non è un’eccezione.
Ma più caldo significa meno neve?
Purtroppo la retorica imperante del riscaldamento globale, temuto e strombazzato, ha già inebetito i cervelli e provocato un grave effetto diseducativo sociale: se fa più caldo non ci sarà neve. Non è così. Eppure, subito si è smantellata la normale manutenzione antineve e si è demandato tutto all’emergenza che, assai più costosa e tragica, sta diventando la pesante normalità del Paese (se pur meritoria per tanti aspetti).
Siamo a Rigopiano…
Le sembra normale che in un paese montano e turistico come l’Italia non si riesca ancora a evitare tragedie come quella di Rigopiano? La magistratura é già al lavoro dopo denunce circostanziate. Ma ciò che sorprende è come una struttura a uso pubblico, pubblicizzata e attraente come quella, potesse essere stata immaginata, costruita e poi condonata in un sito così inadatto in termini geomorfologici. Scelta demenziale, al piede (1100 m) di una vallecola sempre più stretta e incisa (quasi un canalone che nelle Alpi di Paesi come l’Austria, la Svizzera e la Germania, chiamano Lavinenrisse, e come tale è segnalato anche nelle carte turistiche), nel punto frontale e assiale delle ricorrenti valanghe, senza possibilità di scampo. In più la vallecola in alto si allarga in un vasto circo nivale (da 1500 a 1800 m), pronto a colmarsi di neve e a scaricarla a valanga sull’albergo costruito a sbarrarla, con l’aggravante che l’area si trova a ridosso della ripida cresta e barriera orientale del Gran Sasso, esposta a tramontana e a imponenti accumuli nevosi. Un’ inammissibile concentrazione di rischio in termini geologici per trasporto in massa acqueo e nevoso, votata al disastro in partenza.
In conclusione?
In conclusione: è evidente che se si investe tutto o quasi in difesa da un pericolo temuto, ma discusso scientificamente e quindi incerto e lontano, non resta nulla o quasi per ciò che è necessario a mitigare un altissimo e conclamato rischio immanente. Il pericolo temuto e lontano è il riscaldamento globale, il rischio altissimo conclamato e immanente è quello sismico documentato da un disastro tragico in media ogni 4-5 anni, e anche ora in atto. Un aspetto ancor più grave è che l’Europa, in maniera dogmatica, promuove quello che è per lei e per noi lontano, e reprime come strutturale questo tragico nostro presente. Alla faccia della solidarietà e dell’unione!
In questo modo le priorità reali del Paese e del suo presente, oltre che del futuro, vengono irresponsabilmente eluse, ledendo il diritto alla sicurezza della popolazione.